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2.2 ANALISI DELL'ECOLOGIA ALIMENTARE DEL LUPO

I metodi utilizzati per analizzare la dieta del lupo descritti in bibliografia
sono vari, come pure gli indici che quantificano l'utilizzo delle diverse
componenti alimentari e la loro selezione.
Di seguito è riportato in dettaglio il metodo di analisi più utilizzato nel
panorama europeo e riscontrato nelle fonti utilizzate, l'analisi delle fatte
(escrementi) (Figura 2.2.1). Gli altri metodi presenti in letteratura, analisi
delle carcasse e dei contenuti stomacali, sono descritti brevemente.
Sono elencati, inoltre, i diversi indici di valutazione dell'uso e della
selezione delle prede dando maggior enfasi a quelli utilizzati per questa
analisi.
Fig. 2.2.1 ­ Foto di una fatta di lupo deposta vicino a un ciuffo d'erba.
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2.2.1 Analisi del contenuto delle fatte
Per l'analisi del contenuto delle fatte sono state individuate due correnti
metodologiche principali.
In un caso, gli escrementi sono lavati e filtrati, iterando questo processo
al fine di separare la componente microscopica da quella macroscopica,
che è presa in considerazione nelle fasi successive, assumendo che la
prima abbia le stesse componenti e proporzioni della seconda, come
descritto da Ciucci et al. (1996). In particolare, sono conservati solo i
residui di peli, ossa, frutta e componente vegetale (quando la notevole
quantità fa supporre che fosse stata ingerita volontariamente). Un
campione di essi è quindi disidratato mantenendolo a 70°C per circa 8 h
(Figura 2.2.2).
Al momento del lavaggio sono valutati visivamente le quantità, in termini
di volume, delle singole componenti. Spesso vengono adottate classi di
volume discrete, come ad esempio 0, 0.25, 0.50, 0.75 e 1, per la
difficoltà oggettiva di stimare l'esatto volume di ciascuna componente.
Questa scelta è supportata dal fatto che nella maggior parte degli
escrementi si trovano solo una o due componenti. Nel caso non sia
possibile discriminare le componenti in fase di lavaggio, si prelevava un
campione rappresentativo della composizione % dell'escremento, in
modo da poterla determinare con una successiva analisi più
approfondita. Inoltre sono generalmente considerati come "tracce" gli
elementi presenti in misura <5%, per limitare le influenze sulla frequenza
da parte di quelle componenti che tendono a perdurare più a lungo nel
tratto digerente (per esempio le setole di cinghiale).
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Fig. 2.2.2 ­ Procedimento di analisi e identificazione delle componenti rinvenute nelle
fatte.

L'altra corrente metodologica prevede, invece, di pesare dapprima
l'escremento secco, quindi, dopo averlo lavato, di separare e pesare
tutte le componenti singolarmente e misurarne la percentuale sul peso
secco. In questo caso si dovrebbe ottenere una stima molto più precisa
della percentuale, a patto però che si riesca effettivamente a separare
del tutto le componenti: questo significa, in concreto, saper attribuire ogni
frammento di ossa o di peli, o ogni pelo "non diagnostico" a una
determinata specie. Tale risultato è molto difficile da ottenere e l'uso di
questa tecnica può comportare la presenza di un'elevata percentuale di
indeterminazione.
L'identificazione dei peli si basa nella maggior parte dei casi sul
confronto con una collezione di riferimento. Attraverso una lente
d'ingrandimento 10x sono valutati lunghezza, forma, dimensioni e
colorazione dei peli. Il pelo del cinghiale ha consistenza cornea, è
traslucido e tende a sfrangiarsi all'apice; lo spessore e la lunghezza
variano secondo le classi d'età e delle parti del corpo ma generalmente
LAVAGGIO
FILTRO
ESSICCAMENTO
PELO
OSSA
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le sue setole sono ben riconoscibili. Il pelo di cervide è facilmente
distinguibile per le dimensioni, l'apice sottile, le bande caratteristiche,
l'opacità; alcuni peli, poi, sono ondulati. Il riconoscimento tra cervidi
risulta più difficile in quanto le differenze di diametro, tonalità del colore e
del bandeggio sono minime; alcuni peli caratteristici, se presenti,
risultano però diagnostici.
La conoscenza della fauna presente nell'area di studio e delle sue
caratteristiche biologiche può fornire alcune indicazioni. E' necessario,
ad esempio, tenere conto dei periodi di muta in quanto le variazioni
stagionali influenzano le caratteristiche del pelo.
Un altro fattore determinante è l'età dell'animale: i piccoli di cinghiale fino
al terzo, quarto mese di vita presentano striature caratteristiche; nei mesi
successivi, fino al secondo anno d'età, raggiungono una colorazione
rossastra. I piccoli di cervide presentano inizialmente un tipico mantello
bruno con macchie bianche, detto "pomellato". Caprioli e daini, dopo le
prime settimane di vita, mutano e assumono la tipica colorazione estiva,
simile a quella degli adulti, sebbene i peli siano più sottili; i cerbiatti
invece mutano più lentamente, passando però direttamente al mantello
invernale. Quando l'identificazione certa non è possibile si ricorre alla
categoria degli "indeterminati".
Anche le ossa sono utili per l'identificazione della specie preda e anche
in questo caso sono riconosciuti per confronto con collezioni di
riferimento.
In alcuni casi, in particolare per i piccoli mammiferi, è necessario
ricorrere all'analisi del pelo al microscopio ottico e al confronto delle
caratteristiche della cortex e della medulla con un atlante specifico
(Debrot et al., 1982).
Infine, nelle fatte possono essere presenti anche frutta, vegetali o rifiuti.
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2.2.2 Altri metodi di analisi della dieta: carcasse e contenuto
stomacale
In alcuni studi europei, così come nella maggioranza di studi americani,
l'analisi della dieta del lupo è effettuata attraverso la ricerca di carcasse
di animali predati. Tale tecnica ha il vantaggio di fornire informazioni
aggiuntive sulla preda (sesso, età, condizioni fisiche) e di consentire la
distinzione tra predazione e consumo di animali trovati morti. D'altra
parte l'applicazione di tale tecnica è legata alla possibilità di poter
rinvenire un elevato numero di carcasse, attraverso ad esempio la radio-
telemetria, oppure un'intensa attività di snow-tracking, o di osservazioni
dall'aereo. Inoltre è possibile che nella ricerca delle carcasse alcune
prede piccole non siano ritrovate perché consumate per intero.
Un altro sistema di analisi è quello di visionare il contenuto dello stomaco
e dell'intestino dei lupi morti. Il limite di questa tecnica è la dipendenza
dal ritrovamento degli individui morti, laddove la specie non sia
cacciabile. Il numero di campioni, quindi, è spesso basso.
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2.2.3 Indici di utilizzo
- Frequenza assoluta di comparsa % (FC) = n° di fatte in cui compare
una determinata categoria / n° totale di fatte x 100,
-Frequenza relativa di comparsa % (FCr) = n° di fatte in cui compare
una determinata categoria / n° totale di tutte le componenti comparse x
100
- Volume medio % (VMP) = somma di tutti i volumi relativi a una
determinata categoria / n° totale di fatte x 100.
- Biomassa delle prede consumate % = biomassa (kg) consumata per
ciascuna categoria/ biomassa totale. La biomassa può essere calcolata
attraverso un'equazione di regressione che associa a ciascuna fatta un
valore di biomassa in base al peso medio della preda:
Y = b + a* X,
dove Y rappresenta la massa (kg) di preda per ciascuna fatta e X il peso
medio della preda.
Il modello più frequentemente adottato è quello di Floyd et al. (1978), in
cui a=0.02 e b=0.38. Ne esistono altri, Weaver (1993;a = 0,008, b =
0,439), Ciucci et al. (2001,; a = 0,0114, b = 0,2741), e Ruehe et al. in cui
cambiano i coefficienti dipendentemente dal tipo di prede che sono state
utilizzate per calcolare la regressione. Numerosi lavori prodotti in Europa
dell'est (Polonia e Bielorussia) utilizzano i coefficienti di digestibilità di
Goszczynski (1974) per associare al peso delle componenti rinvenute
nelle fatte la quantità di biomassa ingerita corrispondente.
I pesi medi delle prede cambiano in base alle regioni geografiche, in
particolare con la latitudine e la temperatura media dell'area di studio.
Inoltre possono essere adottati diversi pesi medi per le diverse classi di
età.
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- Numero relativo di prede = numero di prede per una categoria/ n° di
prede totali * 100. Il numero di prede si calcola dividendo la biomassa
per il peso medio della preda.
Gli indici più frequentemente utilizzati in bibliografia sono il Volume
Medio Percentuale e la Frequenza di Comparsa, dal momento che il
calcolo della biomassa presuppone che sia calcolata un'equazione di
regressione adeguata al tipo di prede considerate, che si conosca il peso
medio delle prede e delle diverse classi di età, e la stessa struttura di età
delle prede nella dieta.
Il VMP dà un'indicazione quantitativa più esatta rispetto alla FC.
Calcolando la FC, infatti, si commette un errore di sovrastima delle classi
di prede di piccole dimensioni. Questo è dovuto al fatto che nelle piccole
prede il rapporto superficie/volume è maggiore che nelle grosse prede,
dunque la quantità di pelo presente, che può essere ingerita dal
predatore e rinvenuta nelle fatte, in proporzione è maggiore nelle piccole
prede rispetto alle grandi
1
.
Il VMP si riferisce al 100%, mentre la FC può essere sia relativa (il totale
è il 100%) sia assoluta (la percentuale totale è > 100%)
Tuttavia nella maggior parte degli studi europei o nord-americani è
utilizzato l'indice della Frequenza di Comparsa. In questo studio,
pertanto, i dati relativi all'area della Provincia di Arezzo, poiché
disponibili, saranno elaborati con entrambi gli indici, mentre tutti gli altri
dati e le analisi complessive saranno mostrati come FC%, per renderli
confrontabili.
1
Per esempio, supponendo una certa preda sia associabile a un certo numero di fatte prodotte,
dovremmo considerare che occorrono in proporzione più fatte, ovvero più residui di pelo, ovvero più
superficie, per fare una lepre rispetto a un cinghiale.
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2.2.3 Selezione delle prede
Per stabilire la selezione (positiva o negativa) delle specie di ungulati
selvatici rispetto alla loro disponibilità, la proporzione di ciascuna specie
osservata nella dieta è confrontata con quella stimata nella comunità di
ungulati (selezione inter-specifica). Allo stesso modo, la selezione delle
diverse classi d'età nella dieta può essere valutata confrontandone la
proporzione d'uso con la struttura di popolazione stimata per ciascuna
specie (selezione intra-specifica). I metodi per calcolare la selezione
sono numerosi: sono stati elaborati diversi indici, tra cui quelli di Savage
(1931), Ivlev (1961), Jacobs (1974), Chesson (1978), Manly (1995).
In questa analisi sono stati messi a confronto gli studi in cui fosse
possibile calcolare la selezione delle prede, in particolare gli ungulati
selvatici, essendo forniti i valori di disponibilità. Per rendere omogeneo il
confronto la selezione è stata calcolata nuovamente con l'indice w (
forage ratio) di Manly: w
i
=
i
i
,
dove o
i
rappresenta la proporzione di
utilizzato per la iesima categoria e
i
la proporzione di disponibile per la
medesima categoria (Manly et al., 2002).
L'indice w di Manly indica selezione positiva per i valori maggiori di 1 e
negativa per i valori inferiori all'unità.
L'indice w può essere standardizzato calcolando l'indice ß =








=
n
i
j
j
j
i
i
o
o
, che indica la probabilità che sia selezionata la iesima
preda nel caso in cui tutte le n categorie abbiano la stessa densità.
L'indice standardizzato è utile per confrontare il grado di selezione tra
diverse categorie, o aree o periodi temporali.
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2.3 ANALISI STATISTICA

Per valutare le relazioni tra diverse variabili è stata effettuata l'analisi di
regressione con l'ausilio del software SPSS.
La significatività statistica dell'indice di Manly prevede che gli intervalli di
confidenza
2
) attorno al valore di w
i
non contengano il valore 1. Nel
calcolare gli intervalli di confidenza si tiene conto della correzione di
Bonferroni, per cui la soglia di significatività deve essere divisa per 2k,
dove k è il numero di categorie presenti.
Inoltre, in accordo con Manly et al. 2002, nel caso che il numero delle
unità utilizzate in una categoria non superi 5, il risultato per quella
categoria non è considerato significativo.
Per tutte le analisi la soglia di significatività è stata fissata per = 0,05.
2
L'intervallo di confidenza si calcola dall'errore standard moltiplicato per il valore che assume la
funzione Normale Standard (Z) in corrispondenza del valore di probabilità fissato come soglia di
significatività. Tenendo conto della correzione di Bonferroni, Z
diventa Z
/2k.