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Ecologia trofica del lupo (Canis lupus) in Europa ­ Biologia della specie
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CAP. 1 - BIOLOGIA DELLA SPECIE
1.1 ORIGINI

I più antichi antenati del lupo risalgono agli appartenenti alla famiglia dei
Miacidae, vissuti nell'era Cenozoica, più precisamente circa 40 milioni di
anni fa, all'interno dell'Eocene. Essi ebbero origine dai Creodonti, i primi
carnivori, che occuparono l'emisfero settentrionale a partire dall'Eocene
inferiore, circa 100 milioni di anni fa, e che si diffusero in seguito nel
resto delle terre emerse. Studi paleontologici affermano che i miacidi
vivevano nella foresta pluviale, erano plantigradi, allungati, bassi sulle
zampe, più affini per certi aspetti ai mustelidi e ai felini attuali; erano
animali solitari e si nutrivano di piccoli animali, bacche radici, uova
d'uccelli. Dal Miacis si separarono le attuali famiglie dei canidi, degli
ursidi, dei procionidi, dei felidi, dei mustelidi, dei viverridi e degli jenidi.
Forse in seguito alla concorrenza con felidi e primati, alcuni individui
abbandonarono la foresta per la savana, iniziando una lenta evoluzione.
Infatti, la prateria era povera del cibo utilizzato in precedenza e la loro
struttura fisica e le abitudini sociali gradualmente si modificarono,
rendendoli adatti alla predazione degli erbivori che popolavano le
praterie. Attraverso i millenni gli antenati dei Canidi, il Cynodictis
nell'Oligocene, il Cynodesmus nel Miocene, il Tomarctus nel Pliocene, si
sono evoluti fino alla comparsa nel Pleistocene della specie con le
caratteristiche attuali.
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1.2 CLASSIFICAZIONE E TASSONOMIA
Classe
Mammifera
Sottoclasse
Placentalia
Ordine
Carnivora
Famiglia
Canidae
Genere
Canis
Specie
Canis lupus
Linneaus,1758

Il lupo (Canis lupus L., 1758) è un mammifero appartenente all'ordine dei
carnivori, famiglia dei Canidi, genere Canis. Appartengono all'ordine dei
carnivori gli animali che si sono adattati in modo più o meno specifico ad
una dieta ricca di proteine animali. I carnivori hanno una dentatura
specializzata con lunghi canini e denti carnassiali trancianti, un sistema
digerente semplice e gli artigli solitamente affilati.
E' considerato uno dei gruppi con il più alto grado d'intelligenza e con
elevate capacità associative (Matthew, 1930). I caratteri morfologici
principali che distinguono la famiglia dei Canidi dalle altre famiglie
dell'ordine sono il numero dei denti (42 come gli Ursidi), le lunghe code,
gli arti digitigradi, le quattro dita nell'arto posteriore.
Fanno parte dello stesso genere altre sei specie selvatiche: il coyote (C.
latrans Say, 1832), lo sciacallo dorato (C. aureus L.,1758), lo sciacallo
della gualdrappa (C. mesomelas Schreber, 1755), lo sciacallo striato (C.
adustus Sundevall, 1847) lo sciacallo del Simien o lupo abissino (C.
simiensis Ruppel, 1869) e il lupo rosso degli Stati Uniti sud-orientali (C.
rufus Bailey,1905). Questa ultima forma non è tuttavia accettata come
specie da tutti gli studiosi.
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Il lupo è inoltre riconosciuto come progenitore del cane domestico (C.
familiaris L., 1758); secondo una recente revisione, il cane risulta come
una forma domesticata del lupo e prende il nome di Canis lupus
familiaris (Wilson e Reeder, 1993).
La sistematica del lupo, in particolar modo a livello di sottospecie, è
risultata difficile e controversa sin dall'inizio a causa dell'ampia variabilità
fenotipica riscontrabile tra lupi viventi in zone diverse geograficamente
ed ecologicamente: fase cromatica, peso e dimensioni degli animali
possono risultare anche molto differenti. Inizialmente furono riconosciute
circa 24 specie di lupo nell'America settentrionale e 8 nella zona
eurasiatica, sulla base delle caratteristiche morfologiche, particolarmente
del cranio, e della distribuzione geografica. Tuttavia le più recenti
indagini morfometriche (Nowak 1983, 1995), anche grazie alle tecniche
di genetica molecolare, arrivano a ridurre a 5 le sottospecie del
continente nord americano (C. l. arctos, occidentalis, nubilus, baileyi e
lycaon) e a 5 quelle eurasiatiche (C.l. albus, communis, lupus,
cubanensis e pallipes). A queste ultime sono state aggiunte altre 4
sottospecie (arabs, hattai, hodophilax e lupaster) in una recente
revisione di Nowak (2003). All'inizio del '900, le popolazioni italiane di
lupo furono asse gnate alla sottospecie Canis lupus italicus (Altobello,
1921), ma successivamente le prime indagini genetiche condotte sui lupi
italiani non sembravano supportare l'esistenza di tale sottospecie. Dopo
una lunga controversia, e alla luce delle indagini genetiche successive
(Vilà et al. 1999, Randi et al. 2000), questa classificazione è stata
riconsiderata recentemente come valida (Nowak e Federoff 2002).
Per quanto riguarda il fenomeno, più volte paventato, del possibile
ingresso del genoma della forma domestica nel pool genico del lupo
italiano si può osservare che da analisi di DNA mitocondriale relativo a
101 campioni di lupi italiani, non sono stati riscontrati genotipi comuni col
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cane (30 razze) (Randi, 1995), suggerendo l'assenza di introgressione
del genoma canino nella popolazione italiana di lupo.
Le analisi sul mtDNA sono altamente diagnostiche per la determinazione
dell'appartenenza di un campione alla popolazione italiana di lupo, visto
che è stato dimostrato che nell'intera popolazione italiana è presente un
unico aplotipo mitocondriale facilmente distinguibile sia dagli aplotipi
degli altri lupi europei e nordamericani, che da quelli canini (Randi,
2001).
1.3 DISTRIBUZIONE MONDIALE

Il lupo ha una distribuzione "olartica circumpolare" essendo ampiamente
presente nell'emisfero boreale, dall'ottantesimo fino al ventesimo
parallelo nord (Figura 1.3.1).
L'areale pregresso della specie si estendeva su tutto il continente
nordamericano, incluso il Messico, e sul continente eurasiatico,
compreso il Giappone. Nei secoli passati la distribuzione del lupo si è
parzialmente ridotta a causa della persecuzione persistente dell'uomo.
Attualmente le aree continentali di distribuzione che ospitano il maggior
numero di lupi, sono quelli settentrionali, mentre si osserva una
progressiva riduzione e frazionamento scendendo nelle fasce temperate.
Negli ultimi decenni si è assistito a un nuovo processo di espansione e
ricolonizzazione di alcune porzioni dell'areale pregresso (Fig. 1.3.1).
In Nord America il lupo è ampiamente distribuito in Canada e Alaska.
Dopo essere stato completamente sterminato negli USA all'inizio del XX
secolo, il lupo sta attualmente ripopolando gli stati settentrionali degli
USA, in particolare quelli della regione dei Grandi Laghi (Minnesota,
Michigan e Winsconsin) e quelli della regione delle Montagne Rocciose
(Montana, Wyoming e Idaho). La popolazione delle Montagne Rocciose
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si è originata, oltre che per un naturale processo di colonizzazione,
soprattutto grazie alla reintroduzione di 31 lupi nel Parco dello
Yellowstone tra il 1995 e il 1996.
In Europa alla fine del XVIII secolo, la specie era presente ancora in tutti
i Paesi con l'eccezione dell'Irlanda e della Gran Bretagna, ma durante il
XIX secolo la persecuzione fu così intensa, che la specie si estinse
nell'Europa settentrionale e centrale. Così come in Nord America anche
in Europa, negli ultimi venti anni si è assistito ad una lenta ripresa della
specie, si sono registrati tentativi d'espansione e ricolonizzazione
spontanea nell'areale pregresso, tuttora in atto (Carbyn et al. 1993).
Figura 1.3.1: Areale pregresso (chiaro) e attuale (scuro), modificata da Carbyn, 1987.

Attualmente il lupo è presente con popolazioni in espansione in
Portogallo, Spagna, Francia, Italia, Grecia e Paesi Scandinavi ed è
ricomparso in Germania, al confine con la Polonia (Promberger e
Schroeder, 1993; Mech e Boitani, 2003).
In Francia il lupo si è stabilito nel Parco del Mercantour solo nell'ultimo
decennio e recenti analisi di genetica hanno confermato che si tratta di
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una ricolonizzazione ad opera di esemplari della popolazione italiana
(Scandura et al., 2001). I dati del Piano di Conservazione francese
(2004) evidenziano la presenza di 4 branchi sulle Alpi Marittime e altri 7
gruppi distribuiti fra Alpi Centrali, Savoia, alta Provenza e il massiccio del
Queyras.

Le popolazioni di lupo più consistenti sono quelle dei Paesi dell'est, in
particolare Polonia, Romania e Penisola Balcanica (Mech e Boitani,
2003). La distribuzione nell'Europa centro-orientale è irregolare e si
concentra sulle aree montane grazie ai ridotti insediamenti umani e allo
sfruttamento agricolo non intensivo.
















Fig. 1.3.2 ­ Distribuzione del lupo in Europa (Modificata da Mech e Boitani 2003).
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Nella Tabella 1 sono indicate le stime di consistenza nell'areale di
presenza della specie.
Tabella 1: Abbondanza, dinamica e stato legale delle popolazioni di lupo grigio nel
2000 (Mech e Boitani, 2003, modificata).
Paese
N° lupi
Tendenza
popolazione
Protezione
legale
Indennizzo
Danni
Stati Uniti
~9000
Incr.
Alaska
6000-7000
Stabile/Incr.
Cacciabile
No
Minnesota
2500
Incr.
Si
Si
Montana
70
Incr.
Si
No
Idaho
185
Incr.
Si
No
Wyoming
165
Incr.
Si
No
Washington
?
?
Si
No
Michigan
200
Incr.
Si
No
Wisconsin
200
Incr.
Si
No
Canada
52000-60000 Stabile/Incr.
Cacciabile
No
Territori N/O
5000
Stabile
Cacciabile
No
Nunavut
5000
Stabile
Cacciabile
No
Yukon
5000
Stabile
Cacciabile
No
British
Columbia
8000
Incr.
Cacciabile
No
Alberta
4200
Incr.
Cacciabile
No
Saskatchewan
4300
Stabile
Cacciabile
No
Manitoba
4000-6000
Stabile
Cacciabile
No
Ontario
9000
Incr.
Cacciabile
No
Quebec
5000
Incr.
Cacciabile
No
Labrador
2000
Stabile
Cacciabile
No
Portogallo
200-300
Stabile
Si
Si
Spagna
2000
Incr.
Cacciabile
Si
Francia
40
Incr.
Si
Si
Italia
600-800 (*)
Incr.
Si
Si
Svizzera
1-2 ?
--
Si
No
Germania
5 ?
Stabile
Si
No
Norvegia
10-15
Stabile/Incr.
Si
Si
Svezia
70-80
Incr.
Si
Si
(*) Dato non ufficiale, stimato sulla base della bibliografia disponibile
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1.4 SITUAZIONE ITALIANA

In Italia la distribuzione della specie, fino alla metà del settecento,
comprendeva una buona parte del Paese, al di fuori della Sardegna,
dove non è mai stato presente (Cagnolaro et al., 1974). Alla fine del
1800 si assiste alla scomparsa del lupo, prima nella Pianura Padana, poi
nei primi due decenni del 1900 nelle aree alpine e prealpine, mentre in
Sicilia scompare più tardi (negli anni quaranta).
Dagli anni `70 si assiste, al contrario, ad una graduale espansione
dell'area di presenza osservatosi fino allora, soprattutto lungo la catena
appenninica (Boscagli, 1985, Boitani e Ciucci, 1996; Francisci e Mattioli,
1996). La drastica riduzione del lupo in Italia è imputabile a cause
d'origine antropica: scomparsa degli habitat naturali in rapporto ad
un'intensa urbanizzazione, scomparsa delle prede selvatiche che ha
costretto il lupo a modificare le sue abitudini alimentari rivolgendosi agli
animali domestici (Meriggi et al., 1996), con conseguente accentuazione
della persecuzione da parte dell'uomo.
Attualmente il lupo è distribuito lungo l'intera catena appenninica,
dall'Aspromonte fino alle Alpi Marittime, con ramificazioni nelle zone di
bassa quota tra il Lazio settentrionale e la Toscana centro-meridionale.
La ricolonizzazione del lupo si è poi espansa nell'arco alpino occidentale
(Alpi Marittime) fino alla Francia dove sono presenti nuclei stabili fin dal
1992 (Poulle et al., 1997); tale migrazione è stata recentemente
confermata da analisi di genetica molecolare (Scandura et al., 2001).
L'espansione ha permesso l'inizio di ricolonizzazione dell'arco alpino in
Valle Stura, Val di Pesio e Val di Susa in Piemonte.
La tendenza demografica positiva del lupo in Italia è la conseguenza di
più fattori: l'estrema plasticità del lupo che è riuscito nonostante la
pressione umana a sopravvivere e adattarsi alle nuove condizioni
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ambientali; il graduale abbandono da parte dell'uomo ed il conseguente
cambiamento della linea di gestione dell'ambiente e della fauna
selvatica, avvenuto dopo gli anni settanta. Fondamentale è la protezione
legale di questa specie che è iniziata con un D.M. approvato nel luglio
1971, finché nel 1976 un D.M. dichiarò il Canis lupus una specie protetta
legalmente e rese illegale l'uso di esche avvelenate.
Appare importante anche l'espansione degli ungulati selvatici in seguito
a reintroduzioni a fini venatori, con particolare riferimento al cinghiale
(Apollonio, 1996).










a)
b)
Figura 1.4.1: Distribuzione stabile del lupo (a) nel 1974 (Cagnolaro et al., 1974) e (b)
nel 2007.
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1.5 MORFOLOGIA DELLA SPECIE

Secondo la regola di Bergman nelle specie di mammiferi ad ampia
distribuzione latitudinale si nota una generale diminuzione delle
dimensioni corporee scendendo verso i settori meridionali dell'areale: il
lupo, specie di maggiori dimensioni del genere Canis, sottostà appieno a
questa legge.
Gli individui di maggiori dimensioni si trovano, infatti, alle latitudini più
settentrionali dell'areale di distribuzione della specie.
In Alaska, in Canada e in Siberia si possono osservare animali di 50-60
kg con punte fino agli 80 kg (Mech, 1970). La mole diminuisce
spostandosi verso sud secondo un gradiente latitudinale, con individui
nei territori più meridionali dai 18 ai 30-35 kg.
Un maschio adulto di lupo in Italia può arrivare a pesare 40-45 kg, anche
se il peso medio comunemente varia tra 25 e 35 kg. Un lieve dimorfismo
sessuale rende le femmine più piccole e leggere.
La lunghezza di un esemplare adulto dalla testa alla base della coda è di
circa 110-148 cm; la coda misura 30-35 cm. L'altezza al garrese è
compresa mediamente tra i 59 e i 70 cm (Boscagli, 1985; Ciucci e
Boitani, 1998).
Il cane domestico è stato riconosciuto come la forma domesticata del
lupo (Canis l. familiaris, Wilson e Reeder, 1993).

Diversi ricercatori hanno messo a confronto alcune caratteristiche che
sono risultate differenti nel lupo e nel cane:
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Lupo
Cane
-coda penzolante (Iljin, 1941)
-coda tenuta alta e arricciata
-ghiandola precaudale
- ghiandola precaudale assente
-muove zampe anteriori e posteriori
sulla stessa linea
-movimento scomposto
-si accoppia una sola volta l'anno
- la maggior parte si accoppia due
volte l'anno
-muso lungo e collo caratterizzato
da criniera
-muso più corto nella maggioranza
delle razze

I tratti che meglio distinguono il lupo dal cane domestico sono però le
caratteristiche del cranio.
Le orecchie triangolari misurano 10-11 cm (Ciucci e Boitani, 1998).
L'angolo orbitale, in altre parole l'angolo acuto tra la tangente alla
sommità del cranio e quello dell'arcata orbitale osso-zigomatica (Figura
1.5.1), è un parametro di distinzione tra cranio del lupo e del cane. Per il
lupo è di 40°-45, mentre nella gran maggioranza delle razze canine
oscilla tra i 53° e i 60°, ad eccezione delle razze più primitive come il
pastore tedesco (Pulliainen, 1965). Di conseguenza il lupo ha un cranio
più schiacciato e più affusolato (Iljin, 1941).
La bulla timpanica, che nel cane è piccola, compressa e nel complesso
atrofizzata, è invece nel lupo larga, convessa, sferica.
I muscoli massetteri e temporali molto sviluppati, sono fortemente
ancorati alle arcate zigomatiche e alla cresta sagittale particolarmente
pronunciata.
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Figura 1.5.1: Cranio di a) lupo e b) di cane.

Il lupo è un difiodonte, cioè una prima dentizione, detta "da latte",
precede quella definitiva, che si sviluppa completamente entro il 7° mese
di età. Un adulto ha 42 denti con formula dentaria I 3/3, C 1/1, P 4/4, M
2/3. Il 4° premolare inferiore e il 1° molare superiore, i denti ferini, grazie
alla loro conformazione e disposizione, consentono la lacerazione dei
tendini e dei grossi pezzi di carne. La combinazione di un cranio
massiccio, muscoli potenti e dentizione forte sono prerogative
fondamentali per un predatore come il lupo, che si nutre di prede di
grosse dimensioni.
Il lupo appare snello e robusto con arti lunghi, torace possente, fianchi
stretti, testa larga, muso ampio e appuntito, collo corto e robusto. La
postura del lupo è digitigrada: le zampe anteriori presentano 5 falangi di
cui solo 4 formano una base d'appoggio; la quinta atrofizzata, detta
"sperone", è arretrata e non compare nelle impronte. Il piede posteriore
ha invece solo 4 dita e ogni dito ha un polpastrello calloso e un'unghia
robusta non retrattile; posteriormente è presente un grosso cuscinetto
plantare a forma lobata. Nell'insieme questa conformazione consente
un'andatura al trotto, la più frequente, con cui l'animale procede tra i 13 e
i 16 km orari; al galoppo l'animale può arrivare a superare i 60 km orari.
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Un lupo adulto può percorrere ininterrottamente anche 100 km il giorno
(Mech, 1970).
La colorazione del mantello è variabile fra le popolazioni, ma anche
all'interno delle stesse. Le tonalità predominanti sono il grigio fulvo, il
nero, il bianco, il color crema. Si osservano colorazioni esclusive in
determinate aree geografiche: per esempio, alle latitudini più elevate
sono più frequenti le fasi monocromatiche bianche e nere.
In Italia la colorazione tipica è grigio fulva, con tonalità tendenti al
rossiccio.
Ogni animale presenta variazioni individuali nel bandeggio di testa, collo,
fianchi e zampe. In Italia ed in generale nelle regioni dell'Europa il lupo
ha evidenti bandeggi scuri, tendenti al nero, nella regione dorsale, sulla
punta della coda e delle orecchie e lungo gli arti anteriori (Ciucci e
Boitani, 1998). Le regioni ventrali e addominali sono più chiare tendenti
al color crema e ai lati del muso è caratteristica la mascherina facciale
bianca.
Il colore del pelo varia in misura più o meno significativa anche in
funzione dell'età, della stagione, delle condizioni nutritive e di salute
dell'esemplare: similmente, lucentezza, spessore e lunghezza del manto
dipendono dalle condizioni di muta. Il pelo, infatti, subisce un ricambio
una volta l'anno, con caduta in primavera e ricrescita del manto invernale
dai primi mesi dell'autunno.
Il mantello invernale è più folto, caratterizzato da una maggior
percentuale di "borra", che consente isolamento termico, e di "giarra" che
copre quasi interamente la "borra" sottostante. Ciò gli consente di
sopportare le temperature rigide invernali anche nelle regioni più
settentrionali.
Nei decenni passati, l'avvistamento di esemplari neri in area Appenninica
aveva fatto sorgere il dubbio che questo fenotipo fosse espressione del
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fenomeno d'ibridazione con il cane. Recenti studi condotti su base
genetica, tuttavia, hanno dimostrato la purezza di alcuni individui con
mantelli completamente neri (Randi, 2001; Apollonio et al., 2004).


Figura 1.5.2: Lupo adulto

Il senso più sviluppato del lupo è l'olfatto, estremamente raffinato grazie
al tipo di ghiandole olfattive e al loro numero elevato, circa quattordici
volte quelle umane. Le prede possono essere percepite anche a più di 3
Km di distanza, anche se questa varia considerevolmente a seconda
delle condizioni atmosferiche, dell'umidità, del vento, etc.
Le ghiandole odorifere perianali e del dorso secernono l'odore
caratteristico di ciascun individuo, che può quindi essere identificato
dagli altri.
Un altro senso di grande importanza per un predatore è la vista: se
l'olfatto permette di localizzare le prede, la vista svolge un ruolo
fondamentale nel momento della cattura.
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I lupi sono dotati di una notevole capacità visiva, che permette loro di
distinguere il più piccolo movimento all'interno del loro campo visivo:
questo ha un'ampiezza di circa 180°, determinata dalla posizione
subfrontale degli occhi; le possibili prede possiedono un campo visivo
più ampio, di circa 300°.