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Dieta del Lupo nel Parco dei Cento Laghi
5 Materiali e metodi
5.1Analisi della dieta
5.1.1 Analisi degli escrementi
A-Raccolta dei campioni
La raccolta del materiale organico è stata effettuata lungo una rete di sentieri (scat-
trails) segnalati all'interno dell'area di studio e che in base ai sopralluoghi
preliminari, risultavano essere utilizzati frequentemente dai lupi. Per rendere più
probabile la raccolta di escrementi, la scelta dei percorsi, si è basata sul ritrovamento
di tracce (indicazione del passaggio di uno o più lupi) lungo sterrate e sentieri
percorsi durante la stagione invernale.
Tutti gli scat-trails sono stati perlustrati a piedi, eccetto il circuito del passo della
Colla, che è stato percorso a bassa velocità, utilizzando un mezzo fuoristrada con due
persone a bordo che controllavano ciascuna il proprio lato della strada.
Le fatte raccolte sono state collezionate, catalogate con un proprio numero
progressivo ed inserite in un sacchetto di plastica, nell'attesa di essere
successivamente analizzate in laboratorio. Ad ogni escremento collezionato, è stata
fatta corrispondere una scheda di raccolta ed una di analisi.
La scheda di raccolta ha fornito indicazioni sulle condizioni del ritrovamento
dell'escremento e sul sito di deposizione. Ad ogni fatta è stata attribuita una
presumibile data di deposizione, in base all'aspetto esteriore, allo stato di
dilavamento e di mucosità, alle condizioni meteorologiche dei giorni precedenti il
ritrovamento e alla data dell'ultima volta in cui il sentiero era stato percorso.
Sono stati registrati i seguenti dati:
località di ritrovamento;
codice/nome dello scat-trail in questione;
descrizione particolareggiata del sito in cui è avvenuta la deposizione, in
modo da favorire il ritrovamento in futuro di altri escrementi, anche da parte
di chi non era presente al momento della raccolta e per raccogliere
informazioni sulle caratteristiche dei siti di marcatura.
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Per definire esattamente la localizzazione del ritrovamento, per ogni singolo
reperto organico sono state rilevate le coordinate del sito di deposizione, tramite il
sistema di coordinate geografiche U.T.M. (Universale Trasversa di Mercatore) su
carte topografiche (Carta Tecnica Regionale) in scala 1: 10 000.
B-Selezione dei campioni
Per ottenere un campione della dieta della specie, senza rischi d'inquinamento
dovuti a materiale organico attribuibile a specie diverse (cani e volpi), è stato
necessario ricorrere ad una strategia di campionamento critica e selettiva poiché non
esiste di fatto, eccetto l'odore, alcun criterio diagnostico che renda sicura la
distinzione tra un escremento di Lupo e quello di un cane (o di una volpe).
Poiché esiste una certa variabilità e sovrapposizione nelle dimensioni tra gli
escrementi dei lupi e quelli di volpe, animale ampiamente diffuso in tutto il territorio,
è stato fissato un diametro minimo di 15 mm per l'attribuzione dell'escremento al
Lupo. In relazione a questo, fatte di dimensioni inferiori sono state escluse se non
presentavano il caratteristico odore.
La raccolta d'escrementi è stata eseguita operando una selezione basata su un insieme
di caratteristiche, in modo che l'eventuale errore incluso nel campione, dovuto alla
potenziale confusione con le fatte rilasciate da cani e volpi, se presente, avesse
proporzioni minime e ininfluenti ai fini della successiva analisi della dieta.
Per ogni fatta raccolta e collezionata, sono state considerate simultaneamente più
caratteristiche riassunte nei punti seguenti:
dimensioni generali;
diametro;
odore;
uso del sito di marcatura;
associazione con segni di presenza (peli, impronte).
Nell'area di studio non sono stati effettuati avvistamenti di cani vaganti, né da
parte degli studenti impegnati in altre osservazioni, né da parte della popolazione
locale, né dai cacciatori; possiamo concludere, per questo, che molto probabilmente
nella zona non vi sia rilevante presenza di cani vaganti o inselvatichiti.
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La possibilità che un cane padronale, temporaneamente vagante, abbia trovato una
carcassa e dopo abbia lasciato un escremento su uno dei nostri scat-trails, è pertanto
da considerarsi molto bassa.
C-Preparazione dei campioni
Il campione di fatte raccolte e collezionate è stato sottoposto ad una
preparazione per permettere l'identificazione e la quantificazione del contenuto delle
feci.
C 1 Essiccazione dei campioni
Il materiale organico indigesto è stato essiccato in forno, a 75 C, per almeno
otto ore, per prevenire la formazione di muffe ed uccidere eventuali parassiti.
L'operazione d'essiccamento ha avuto una durata variabile, secondo lo stato di
conservazione della fatta. La durata temporale ideale dell'essiccamento è stata
determinata secondo i risultati del test d'essiccamento effettuati da Artoni (1999).
C 2 Conservazione dei campioni
I campioni sono stati conservati a temperatura ambiente in scatole di plastica
dove è stato aggiunto del paradiclorobenzolo.
C 3 Lavaggio
Le fatte sono state reidratate in una soluzione d'acqua e detergente per un
periodo che va da quattro a ventiquattro ore, secondo la loro consistenza e volume.
Successivamente, le fatte sono state lavate in un setaccio con maglia di 1 mm di lato,
per trattenere solo i macroresidui ed eliminare la sostanza amorfa.
C 4 Separazione dei materiali organici indigesti
La parte macroscopica dell'escremento rappresenta i resti indigesti del pasto
del Lupo ed è stata separata manualmente nei suoi componenti, in base alla diversa
tipologia che li caratterizzava:
peli;
ossa;
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resti vegetali;
altri
Quando gli escrementi contenevano più di una specie di mammifero e laddove la
separazione dei resti indigesti delle singole specie è risultata impossibile, sono stati
prelevati casualmente ciuffi di peli, che sono stati esaminati in dettaglio al
microscopio ottico, attribuendo alle diverse specie di mammiferi le proporzioni
relative per ogni prelievo e stabilendo quindi una media generale delle proporzioni
relative delle specie stesse.
I macrocomponenti così separati sono stati rimessi in forno per asciugarli e
permetterne la conservazione.
D-Identificazione dei componenti
Per ciò che concerne i peli dei mammiferi ritrovati nelle fatte, si è proceduto
ad un'identificazione al microscopio ottico, utilizzando principalmente due
ingrandimenti (40x; 412x), in modo da avere la possibilità di osservare il pelo nelle
sue parti principali, la radice e la punta, e di osservarne globalmente il contorno,
quindi, con l'ingrandimento più spinto, è stato verificato la forma e la grandezza
delle singole cellule della medulla in ogni parte del pelo. L'identificazione delle
specie presente è stata effettuata confrontando i peli ritrovati nell'escremento con
peli di riferimento. I peli di riferimento sono stati raccolti sul campo per completare
la casistica riportata dal manuale per l'identificazione dei peli dei mammiferi europei
(Hair of West-European mammals, Teerink 1991) utilizzato in questa ricerca.
Per l'identificazione dei peli sono state utilizzate tre tecniche:
L'identificazione macroscopica del pelo, osservando la lunghezza, lo
spessore, il colore, la bandeggiatura, l'ondulazione e la consistenza.
L'osservazione microscopica della medulla in trasparenza, considerando
che ogni specie ha uno specifico disegno delle cellule che compongono la
medulla, in ogni tratto della lunghezza del pelo, dalla radice alla punta.
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L'osservazione del disegno delle scaglie cuticolari di un pelo si effettua
sull'impronta impressa su uno strato di smalto, apposto su un vetrino porta-
oggetti (Teerink, 1991).
La cuticola di un pelo ha caratteristiche specie-specifiche nella
disposizione delle scaglie cheratinizzate lungo la lunghezza del pelo. Con una
pinzetta, i peli sono stati disposti uno ad uno sullo smalto; dopo 30 minuti, i
peli sono stati tolti usando un ago e delle pinzette, evitando danni ai 3 mm
distali e prossimali del pelo poiché le zone maggiormente diagnostiche, ai fini
del riconoscimento specifico, si trovano proprio in prossimità della radice e
della punta del pelo.
Se la medulla risultava trasparente, si poteva osservare direttamente al
microscopio le scaglie della cuticola, senza ricorrere allo stampo.
Tra la cuticola e la medulla si trova una terza parte del pelo che può aiutare
nell'identificazione della specie; tale zona (corteccia o cortex), si può definire come
uno strato più o meno sottile, composto di una massa informe di cellule corneificate,
che separa la medulla dallo strato più esterno del pelo, vale a dire dalla cuticola.
Stando alle indicazioni del Teerink (1991), la corteccia non rappresenta in sé uno
strato diagnostico ai fini del riconoscimento specifico, ma, se rapportata alla medulla,
può fornire importanti indicazioni sulla conferma dell'identificazione della specie.
Dato che il livello di riconoscimento dei peli dei mammiferi è risultato soddisfacente
con l`osservazione della medulla e della cuticola, la tecnica della sezione circolare e
longitudinale del pelo non è stata utilizzata.
Si è sempre cercato di osservare più peli appartenenti ad una fatta, prelevati da varie
zone di essa ed in modo casuale, in modo da evitare di osservare peli spezzati o
danneggiati lungo il percorso attraverso l'apparato digerente del Lupo e quindi poco
utili ai fini del riconoscimento specifico.
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Il riconoscimento è stato effettuato sul pelo di guardia (giarra) che compone la
pelliccia visibile del mantello dei mammiferi, scartando da principio il sottopelo
(borra), che forma la lanugine con funzione termoregolatrice sottostante la pelliccia
vera e propria, perché considerato poco diagnostico ai fini del riconoscimento
specifico (Teerink 1991).
In certi casi, per via dell'eccessiva frammentazione dei pochi peli presenti
nell'escremento, non si è riusciti a determinare con esattezza il mammifero
d'appartenenza, attribuendo il codice ad una classe denominata "non identificato".
Il materiale vegetale non è stato identificato, dato che la raccolta degli escrementi è
stata effettuata tra fine inverno e primavera, stagioni in cui non sono presenti
alimenti vegetali che possano essere ingeriti volontariamente dal Lupo.
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E-Stima del volume relativo dei componenti nei campioni
Resti di pasti precedenti possono rimanere all'interno dell'intestino del
predatore a causa della loro struttura; per esempio le lunghe setole del cinghiale
adultorisultano spesso associate a categorie alimentari differenti all'interno dello
stesso escremento. Tali resti sono stati quantificati nella misura dell'1%, così da
minimizzare la loro influenza sul valore del volume percentuale ma senza eliminarle
però dalle frequenze percentuali di comparsa.
Nel calcolo delle categorie alimentari non sono state considerate le ricorrenze
vegetali, sebbene il Lupo tenda ad ingerire volontariamente delle graminacee (Mech
1974). Non è stato possibile distinguere questi vegetali da quelli raccolti casualmente
prelevando le fatte sul campo.
Per ciascun metodo di quantificazione adottato, ogni classe o categoria alimentare è
stata associata ad un rango in base alla sua quantificazione relativa.
I risultati ottenuti dai ranghi delle categorie alimentari sono stati poi confrontati per
evidenziare eventuali concordanze o differenze tra metodi.
In particolare sono state utilizzate le seguenti metodologie di quantificazione
della dieta:
E 1 Percentuale di frequenza di comparsa
Secondo Lockie (1959) (in Poulle et al. 1997) per descrivere la dieta, i dati
possono essere espressi in percentuale di frequenza di comparsa; questo metodo, che
è uno dei più usati, procura velocemente una descrizione qualitativa della dieta ed è
di facile e rapido utilizzo (Ciucci et al.1996 in Poulle et al. 1997).
La frequenza relativa è la percentuale di frequenza di comparsa di ogni classe di cibo
rispetto alla frequenza totale di comparsa di tutte le classi di cibo.
La frequenza assoluta è la percentuale di comparsa d'ogni classe di cibo rispetto al
numero totale di fatte analizzate.
La frequenza relativa sarebbe, secondo Ciucci et al. (1996) (in Poulle et al. 1997) più
rivelatrice in termini di composizione della dieta.
Questo metodo di frequenza presenta il problema che il numero di fatte
collezionabile per kg di prede consumato decresce con l'aumento del peso della
preda. Questa relazione inversa (r² = 0,97) indica anche che le prede piccole o più
leggere sono composte di più materia indigeribile, aumentando il rapporto
superficie/volume. In termini di peso, le piccole prede sono sovrastimate nelle
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frequenze di comparsa. Floyd et al. (1978) propongono una formula di conversione
per risalire alla biomassa consumata:
y = 0,38 + 0,02 x
y essendo il peso (kg) di prede per fatta collezionabile
x essendo il peso medio del tipo di prede
(Floyd et al. 1978)
Questa formula è stata rivista da Weaver (1993) che propone di usare sul
campo la formula: y = 0,439 + 0,008x, valida per prede di peso variabile tra quello di
una lepre e quello di un alce (Weaver 1993).
Queste equazioni sono state stabilite per lupi americani in cattività, basandosi su
prede di peso compreso tra 1,16 e 75,4 chili. L'ecotipo italiano del Lupo, invece, è
più piccolo e più leggero (25-35 kg) di quello americano (60-80 kg); nel presente
lavoro, sono state identificate prede con dimensioni variabili tra quelle di
micromammiferi e quelle di cinghiali e ciò lascia supporre che le equazioni
summenzionate debbano essere riconsiderate per poter essere applicate allo studio
della dieta del Lupo in Italia.
In accordo con quanto affermato da Corbett (1989), l'applicazione delle equazioni
precedenti non è stata necessaria in studi che, come il presente, sono volti a
determinare la composizione qualitativa della dieta e le quantità relative di animali
consumati.
E 2 Volume percentuale relativo
Il volume percentuale relativo, inteso come la proporzione di tutti i
componenti all'interno dell'intero volume dell'escremento esaminato, espressa in
percentuale, è stato stimato con metodo occhiometrico, ed è stato calcolato per ogni
specie consumata (Kruuk e Parish 1981). Tutte le percentuali d'ogni componente
sono state sommate fra loro per ottenere il volume percentuale relativo totale per
quella determinata specie in relazione alle altre (Smietana e Klimek 1993).
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5.1.2 Resti di predazione
Quando sono state rinvenute carcasse di animali all'interno dell'area di studio,
interpretando le tracce nei pressi del sito di ritrovamento, si è tentato di stabilire se si
trattasse di reali eventi di predazione oppure del semplice consumo di animali, morti
precedentemente per altre cause.
In occasione di ogni ritrovamento di carcasse, si è tentato di ricostruire la dinamica
dell'aggressione mediante il rilevamento di impronte ed altri segni di predazione; è
stata ricercata la presenza di ematomi nello strato sottocutaneo in corrispondenza dei
morsi, sicuro indice del fatto che la preda era viva al momento dell'aggressione.
Il riconoscimento delle cause di morte della specie preda e del predatore coinvolto
possono risultare difficoltose (se non impossibili nel caso di Lupo e cane) e
comunque fortemente dipendenti dal grado di consumo e di conservazione di ciò che
rimane della preda (Ciucci e Boitani 1998a). Sebbene si tende a credere che il lupo
attacchi la preda preferenzialmente con il tipico morso alla regione laringo-tracheale
a differenza del cane che tenderebbe a ferire più disordinatamente ed in diverse
regione del corpo, non si hanno a riguardo indicazioni certe e non esiste quindi un
criterio diagnostico affidabile (Fico 1996).
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