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Dieta del Lupo nel Parco dei Cento Laghi
3 Caratteristiche generali del Lupo
3.1 Morfologia
Peso e dimensioni
In Italia, il peso del Lupo oscilla in media tra 25 e 35 kg per i maschi adulti,
non superando valori massimi di 40-45 kg. Le femmine sono leggermente ridotti d
dimensioni e peso rispetto ai maschi..
La lunghezza di un adulto va da circa 110 a 148 cm, dalla testa alla base della coda,
la quale misura in media circa 30-35 cm e comunque meno di un terzo della
lunghezza del corpo. L'altezza al garrese varia tra 50 e 70 cm. Le orecchie sono a
base larga e misurano da 10 a 11 cm, con un ridotto margine di variabilità.
La corporatura del Lupo appare snella e robusta con arti relativamente lunghi, torace
possente, fianchi stretti, testa larga, muso ampio e appuntito, collo corto e robusto.
La formula dentaria è I 3/3, C 1/1, P 4/4, M 2/3. Nei cuccioli, la dentatura definitiva
rimpiazza quella da latte tra la 16a e la 26a settimana di vita (Ciucci e Boitani
1998a).
Colorazione
La colorazione del Lupo in Italia è prevalentemente grigio-fulva, con tonalità
tendenti al marrone-rossiccio più tipicamente durante i mesi estivi. Bandeggi scuri
tendenti al nero sono particolarmente evidenti nella regione dorsale, sulla punta della
coda e delle orecchie e, spesso, lungo gli arti anteriori. Le zone ventrali e addominali
(incluse le superfici interne degli arti) appaiono più chiare e con tonalità tendenti al
crema, così come l'evidente mascherina facciale che si estende ai lati del muso.
Il ricambio del pelo si verifica una volta l'anno, con caduta in primavera e ricrescita
del pelo invernale già nei primi mesi autunnali.
Dimensioni, peso e colore del pelo possono variare significativamente in base
a differenze individuali, all'età, alla stagione, alle condizioni nutritive e di salute
dell'individuo (Ciucci e Boitani 1998a).
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3.2 Alimentazione
Il Lupo dimostra un'ecologia alimentare opportunistica non necessariamente
composta solo di carne, ma la sua dieta infatti può includere, in misura variabile,
altre categorie alimentari, quali per esempio frutta o rifiuti di origine antropica.
Da studi condotti in Nord America è stato calcolato che un lupo in natura consuma in
media 3-5 kg di carne al giorno, anche se gli eventi di predazione si possono
alternarsi frequentemente a estesi periodi di digiuno, lunghi a volte fino a due
settimane (Ciucci e Boitani 1998a).
3.3 Habitat
Grazie alle sue capacità d'adattamento, il Lupo occupa, dopo la volpe che
arriva fin in Africa, l'area di distribuzione più ampia tra i carnivori. Lo possiamo
trovare in tutti i climi estremi: dalle regioni fredde artiche fino ai deserti tropicali e
alle foreste monsoniche dell'India, con tutte le transizioni: boschi, foreste, steppe e
lande dalle regioni temperate, dal livello del mare fino a più di 5.000 metri
d'altitudine del Himalaia (De Beaufort 1987).
3.4 Sistematica
Nel 1921, Altobello, uno zoologo italiano ha pubblicato la descrizione di una
sottospecie distinta per la penisola italiana: Canis lupus italicus.
Oggi, questa distinzione non può più essere accettata, anche se il Lupo Italiano ha
sviluppato specifici adattamenti ecologici e comportamentali in relazione
all'ambiente particolare d'Italia. Questo dovrebbe essere sufficiente per giustificare
gli sforzi per mantenere l'integrità genetica di questa piccola popolazione (Boitani
1992).
L'analisi del DNA mitocondriale di 101 lupi rinvenuti morti in 15 anni ha confermato
la specificità del Lupo Italiano che può essere considerato come un ecotipo del Lupo
Europeo, dal quale è rimasto isolato per 150-200 anni (Randi 2000).
Dal punto di vista sistematico, il Lupo rappresenta una singola specie (Canis lupus L.
1758) che appartiene all'ordine dei Carnivori, famiglia dei Canidi, genere Canis.
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Il genere Canis (Linnaeus, 1758) comprende:
-
il Lupo grigio o comune (Canis lupus, Linnaeus, 1758);
-
il Lupo rosso degli Stati Uniti sud-orientali (Canis rufus, Bailey, 1905);
-
Lupo d'abissino (Canis simensis, Rüppel, 1869);
-
il Coyote (Canis latrans, Say, 1832);
-
gli Sciacalli:
o
lo Sciaccallo dorato (Canis aureus, Linnaeus, 1758);
o
lo Sciaccallo striato (Canis adustus, Sundevall, 1847);
o
lo Sciaccallo della gualdrappa (Canis mesomelas, Schreber, 1755);
il cane domestico (Canis lupus familiaris,
-
Wilson e Reeder, 1993),
(FEDERHEN et al. 2001, Ciucci e Boitani 1998a).
Il cane domestico era stato descritto come Canis familiaris (Linnaeus, 1758),
ma una recente revisione tassonomica ha riconosciuto che il cane domestico è
una sottospecie del Lupo (MSW 1993).
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4 Area di studio
4.1 Il Parco dei Cento Laghi
Il Parco dei Cento Laghi occupa un'area di circa 12.600 ettari (8.000 dei quali
compresi nel pre-parco) nei territori di due Comuni: Corniglio e Monchio delle Corti,
in Provincia di Parma. Il Parco si trova in un'area di grande interesse naturalistico
comprendente il crinale spartiacque tra il bacino del Po e del Magra, ed include le
valli del Parma e del Cedra.
4.2 Geomorfologia
Le tracce di antichi fenomeni glaciali costituiscono l'elemento che
maggiormente caratterizza la morfologia di tutta l'area compresa nel parco. Le
evidenze morfologiche sono quasi esclusivamente riferite all'ultimo periodo glaciale,
verificatosi nel Pleistocene Superiore, noto col nome di Würm. In particolare sono
riconducibili a delle fasi definite stadiali, corrispondenti ad episodiche oscillazioni
positive delle masse glaciali nel periodo del definitivo ritiro. Sulla base delle
ricostruzioni i ghiacciai avevano dimensioni piuttosto ridotte e durante la massima
espansione scendevano a quote raramente inferiori ai 1000-900m. Proprio in Val
Parma e Val Cedra abbiamo gli esempi più spettacolari con ghiacciai definiti vallivi
caratterizzati da lingue che si insinuavano nel fondovalle anche per alcuni chilometri.
Gli elementi che ricordano maggiormente la presenza dei ghiacciai sono i circhi e gli
archi morenici. I circhi sono costituiti da grandi nicchie di forma semicircolare
scavate nei fianchi rocciosi dei rilievi, con prevalente esposizione verso N e NE, con
fondo sub-pianeggiante, di solito parzialmente sbarrato verso valle da una soglia
rocciosa sulla quale sono frequentemente depositati materiali detritici. Questi
sbarramenti danno spesso origine a laghi, paludi o torbiere, ambienti che
caratterizzano fortemente tutta l'area del Parco. Gli archi morenici sono riconoscibili
per la tipica forma ad arco o festone e sono costituiti da depositi glaciali derivanti
soprattutto dai frammenti rocciosi caduti dalle pareti che marginano il ghiacciaio o
strappati dal fondo. La disposizione caotica dei frammenti rocciosi con grossi massi
assieme a sabbie e limi, è dovuta alla mancanza di selezione granulometrica durante
il trasporto glaciale.
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Il paesaggio di questa zona è caratterizzato anche da fenomeni periglaciali
tipici dei climi freddi, dovuti soprattutto all'azione del gelo e disgelo, i più antichi
dei quali potrebbero essere corrispondenti o immediatamente successivi all'ultima
glaciazione. Tra le varie tipologie geomorfologiche, le più importanti e diffuse sono
sicuramente le cosiddette falde detritiche o "macereti" (Vignali et al. 1998).
4.3 Clima
L'altitudine, l'esposizione prevalente a Nord-Est e l'azione dei venti
dominanti, che creano effetti differenti in base alla provenienza, sono i fattori
principali che determinano le peculiari caratteristiche climatiche della zona.
I venti che provengono dall'entroterra parmense portano aria secca e fredda mentre
quelli dal Tirreno, che soffiano da Sud-Ovest, trasportano masse d'aria calda e umida
verso la Pianura Padana. Queste ultime, a causa della obbligatoria risalita lungo il
versante sud-occidentale dell'Appennino, provocano copiose precipitazioni di tipo
orografico durante tutto l'anno. Le rilevazioni della stazione pluviometrica situata
nella Piana di Lagdei, registrano circa 122-123 giorni piovosi l'anno concentrati in
prevalenza nei periodi primaverile e autunnale. Le precipitazioni medie annuali
mantengono valori superiori a 2600 mm. Si hanno inverni lunghi e freddi ed estati
brevi e calde. Se si fa riferimento alla classificazione del Koppen, il clima di questa
zona è da definirsi temperato freddo (microtermico) con la temperatura media del
mese più freddo (gennaio) inferiore a ­3°C e la temperatura media del mese più
caldo (luglio) superiore a 10°C (Vignali et al. 1998).
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4.4 Aspetti vegetazionali
Lo stato attuale del paesaggio di quest'area è il risultato dell'azione
dell'uomo che per secoli ha trovato nel bosco una fondamentale risorsa. Fino ad
alcuni decenni fa, si potevano vedere solo montagne assolate quasi prive di
vegetazione, con pascoli estesi ovunque si potesse trovare erba da brucare. Oggi, in
varie località, si trovano boschi discretamente sviluppati, ombrosi, a volte
lussureggianti, anche se in varia misura risentono ancora dei tagli effettuati alla fine
del 1800 e nel dopoguerra. Il governo a ceduo portato avanti negli ultimi decenni ha
portato la maggior parte di questi boschi ad essere bassi, radi, giovani, uniformi,
poveri di specie e di suolo.
L'area interessata dalla ricerca è compresa prevalentemente nella zona fredda del
"Fagetum" che presenta una flora tendenzialmente microterma. La presenza di specie
erbacee come Geranium nodosum, Euphorbia dulcis, Melica uniflora, Sanicula
europea, Dryopteris felix-mas, Cardamine bulbifera, Aqsarum europaeum,
Epilobium montanum, Daphne mezzereum, Dentaria digitata, nelle aree di preparco,
indica che questi boschi sono di tipo mesofilo.
Al di sopra del limite vegetazionale del faggio è presente una brughiera subalpina a
mirtilli (Vaccinium sp.) e ginepri (Juniperus nana); inoltre si trovano specie erbacee
come Anemone narcissiflora, Pulsatilla alpina, Pulsatilla montana, Potentilla aurea,
Potentilla reptans, Gentiana campestris, Gentiana cruciata e Trifolium alpinum. In
queste praterie dominano le graminacee come Sesleria sp. e Nardus striata (Vignali
et al. 1998).
4.5 Composizione della comunità teriologica
In studi ulteriori (Nolli 1997, Sicorello 1999, Ferrari 2000) sono stati
segnalati:
- Capriolo (Capreolus capreolus, Linnaeus, 1758);
- Cinghiale (Sus scrofa, Linnaeus, 1758);
- Donnola (Mustela nivalis, Linnaeus, 1766);
- Faina (Martes foina, Erxleben, 1777);
- Martora (Martes martes, Linnaeus, 1758);
- Lepre (Lepus europaeus, Pallas, 1778);
- Lupo (Canis lupus, Linnaeus, 1758);
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- Puzzola (Mustela putorius, Linnaeus, 1758);
- Riccio (Erinaceus europaeus, Linnaeus ,1758);
- Scoiattolo (Sciurus vulgaris, Linnaeus, 1758);
- Talpe (Talpa ssp., Linnaeus 1758);
- Tasso (Meles meles, Linnaeus, 1758);
- Toporagno d'acqua (Neomys fodiens, Pennant, 1771);
- Volpe ( Vulpes vulpes, Linnaeus, 1758);
Piccoli mammiferi di cui 2 insettivori:
- Toporagno nano (Sorex minutus, Linnaeus, 1766);
- Toporagno comune (Sorex araneus, Linnaeus, 1758);
e 7 roditori:
- Arvicola delle nevi (Chionomys nivalis, Martins, 1842);
- Arvicola rossastra (Clethrionomys glareolus, Schreber, 1780);
- Topo selvatico (Apodemus sylvaticus, Linnaeus, 1758);
- Topo selvatico dal collo giallo (Apodemus flavicollis, Melchior, 1843);
- Arvicola di Fatio (Microtus (Pitymys) multiplex, Fatio, 1905);
- Ghiro (Glis glis, Linnaeus, 1766);
- Moscardino (Muscardinus avellanarius, Linnaeus, 1758).
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